L'arte era la sua salvezza. Una delle artiste più importanti del secolo scorso, e sicuramente la più autobiografica, Louise Bourgeois ha fatto dell'arte una valvola di sfogo per i propri demoni ed uno strumento di indagine della propria psiche. Proprio per questa sua intensa relazione con le proprie opere ed il proprio processo creativo (che non ha mai interrotto, avendo continuato a creare fino alla sua morte avvenuta nel 2010), è risultato sorprendente il ritrovamento di una serie di diari dell'artista che documentano la sua lunga terapia di psicoanalisi. 30 anni di sedute (dal 52 all'82) con l'analista Henry Lowenfeld documentate, commentate e analizzate dalla Bourgeois, una serie di scritti (circa 2000 pagine) che fungono da mappe dei suoi stati emotivi e (in seguito) da acute considerazioni sugli stessi.
Una donna che ha convissuto con i propri fantasmi tutta la vita, causati principalmente dalla morte della madre, i tradimenti del padre e la sua successiva perdita. Non era una fervente sostenitrice della psicoanalsi ma ne ha tratto beneficio, usando indirettamente l'autocoscienza che ne derivava nel proprio lavoro. Questi scritti, un'inedita e preziosa porta verso la vita e la mente dell'artista, toccano alcuni dei temi più ricorrenti all'interno della simbologia dell'artista: il mondo interiore, le relazioni famigliari, il ruolo di padre, figlia, madre e moglie. L'archivista della Bourgeois, Philip Larrat-Smith, he deciso di raccogliere questi inediti e farne un libro, una meravigliosa opera in due volumi, The Return of the Repressed.
Il primo includerà circa 80 estratti dal diario, illustrazioni, appunti, rare fotografie di famiglia e una serie di scritti critici di importanti nomi come, oltre a Larrat-Smith, Donald Kuspit, Elisabeth Bronfen, Meg Harris Williams, Juliet Mitchell, Mignon Nixon and Paul Verhaeghe & Julie De Ganck. Il secondo volume invece è una raccolta onnicomprensiva dei lavori dell'artista, e funge anche da catalogo per la mostra dallo stesso nome che è stata presentata lo scorso anno in Sud America e arriva a Londra questo mese.
Il luogo deputato a questa mostra è il Freud Museum, l'ultima casa abitata dal padre della psicoanalisi. La Bourgeois stessa espresse interesse nell'esporre i propri lavori in questa sede e difficilmente si può immaginare una mostra più appropriata al luogo.
'In my art, I am the murderer', scrive. Con la sua arte voleva fare agli altri quello che sentiva fosse stato fatto a lei. I suoi lavori erano (sono), in effetti, come delle strazianti grida nei confronti di chi guarda, delle urla che mettono a nudo tutto ciò fuoriusciva dal suo inconscio. L'arte, lavorare ai propri progetti erano la sua salvezza, e la psicoanalisi la aiutò a tornare ai suoi lavori nei momenti più bui della sua vita, aiutandola per vie trasversali. Il libro, di 500 pagine, è edito dalla Violette Editions e sarà in commercio da marzo.