sabato 19 febbraio 2011

Euro-Punk, o dell'inesattezza storica.


Le premesse della mostra, che oramai sono note a tutti:
EUROPUNK, è la prima mostra a respiro internazionale che presenterà la produzione alternativa nel campo delle arti visive, nella seconda metà degli anni 1970, in particolare quella realizzata nel Regno Unito e in Francia,ma anche in Germania, Svizzera, Italia e Olanda. Metterà in valore personalità quali Jamie Reid, che inventò il celebre volto della regina con gli occhi e la bocca coperti dal nome della band dei Sex Pistols e dal titolo della canzone God Save the QueenMalcolm McLaren, ideatore, manager e deus ex machina della stessa band, o il team francese Bazooka(costituito da Olivia Clavel, Lulu Larsen, Kiki Picasso, Loulou Picasso, Ti-5 Dur, Bernard Vidal e Jean Rouzaud) di cui sarà esposta l'abbondante produzione di questo movimento rimasta anonima per molto tempo e scovata dopo una lunga ricerca attraverso l'Europa. Verranno riuniti per la prima volta più di 550 oggetti, alcuni dei quali ben noti, altri inediti qualiabiti, fanzinepostervolantinidisegni e collagescopertine di dischifilmati, ecc. provenienti da collezioni private e pubbliche.
Perchè andare a vederla. 
Qualsiasi appassionato di musica, indipendentemente dal genere, conosce perfettamente quell'attaccamento quasi feticistico a tutto ciò che si può definire 'memorabilia'. Locandine, LP originali, poster, fanzine, straccidivivennewestood, tavole originali di pubblicazioni underground, e via dicendo. Da questo punto di vista, questa mostra non ha nulla di criticabile. Una quantità incredibile di materiali originali del periodo 77-80,  distribuita in molte sale, si offre agli occhi di chi con questa musica ci è cresciuto (ma anche di chi passava li per caso, o sentiva la necessità di presenziare agli aperitivi del giovedì sera, che trovo estremamente fuori luogo ma allo stesso tempo accettabili data la bellezza del posto... ma questo è un'altro discorso).
Divisi per aree tematiche discutibili, fanzine originali, tavole originali di pubblicazioni a fumetti, LP, EP, alcuni capi di Sex/Vivienne Westwood, locandine di tanti di quei concerti che ucciderei per aver potuto vedere, materiale pubblicitario, insomma un'insieme di fonti iconografiche invidiabile. Anche la parte sulla new wave è ben fornita. Diciamocelo, vedere questo disco dei P.I.L. nella sua prima edizione, e pensare alla versione uguale-ma-diversa che hai a casa... mette tristezza e gioia allo stesso tempo.
Il sentore che la mostra fosse impostata in una maniera discutbile l'ho avuto alla prima sala. Che se è vero che nell'immagnario collettivo i Sex Pistols sono quanto di più immediatamente riconducibile al concetto di 'Punk',  non si può, ancora, far iniziare tutto da loro. E poi mettere una locandina dei Damned verso la fine. 
C'è qualcosa che non quadra. 
Il problema però arriva quando ci si chiede.... era veramente necessaria un'occhiata così istituzionale su un fenomeno come il Punk? E' vero che si parla strettamente di impatto visivo del movimento, ma la vaga o quasi nulla contestualizzazione delle cose che vengono presentate, insieme a una serie di discutibilissime scelte tematiche rendono il tutto così... povero. Povero di ricerca, di attenzione. L'apice dell'indignazione si raggiunge quando, nella sala che congiunge il punk più 'politico' alla fase successiva dedicata alla New Wave (con delle bizzarre presenze che spuntano qua e la, primi tra tutti i Ruts, che di new wave non capisco cosa avessero), 
si liquida il punk italiano (questo sconosciuto) con una citazione da un libro appiccicata a un muro (ingrandire foto e leggere... vi prego):
Ora. Di cosa stiamo parlando? Il punk in Italia non è mai esistito perchè tutti erano occupati a fare i Brigatisti e a sparare alla gente, e anche se non abbiamo avuto un Sid Vicious abbiamo avuto un Feltrinelli? Ma.Cosa. Se è vero che la maggior parte dei gruppi punk italiani e delle realtà più 'organizzate' (in mancanza di un termine più adatto) risalgono ai primi anni 80, quindi oltre l'area di competenza di questa mostra, allora sarebbe stato meglio non dire niente. Esistevano già allora gruppi e realtà riconducibili al punk di cui si tratta, e comunque non c'è alcun senso in quell'estratto messo li in un angoletto (ma stranamente notato da tutti) alla mercè di occhi che del punk italiano magari non sanno nulla, e continuerà a pensare che da noi non è mai esistito. Sarebbe stato più dignitoso evitare il discorso o spiegare che seppur in maniera tardiva rispetto ad altre nazioni d'Europa, da noi è arrivato eccome, e ha portato gruppi di rilevanza anche internazionale (tra tutti, i Negazione), e alla nascita di fanzine come T.V.O.R. - di cui, tra l'altro, è uscita qualche anno fa una raccolta bellissima, che a chi fosse interessato è acquistabile e consultabile qui. Insomma, voglio dire, è mai possibile che l'unica cosa italiana che siano riusciti a trovare è questo EP di Ivan Cattaneo???
Insomma... per puro attaccamento sentimentale/feticista a tutto ciò che proviene da quel periodo, questo corpus di materiali è un vero piacere dei sensi. Se invece ci si aspetta di trovare un discorso organico e ragionato sul punk, è meglio guardare altrove e magari comprare un libro o una manciata di dischi. 
La sala DIY
Qualcuno si è ricordato dei Magazine! Uno dei più sottovalutati gruppi New Wave. 
I Crass non vengono minimamente contestualizzati, ma sono nella sala A-cerchiata. 
Ecco, questo sampler della Factory avrei voluto veramente rubarlo.
Una vasta collezione di copie di Sniffin Glue. Una, tanto per gradire, potevano anche aprirla e far vedere come erano fatte dentro, eh.

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