sabato 8 settembre 2012

'Life is Beautiful ' - Mr. Brainwash solo exhibition @ Old Sorting Office, London

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Chiunque abbia visto Exit Through The Gift Shop ha una certa familiarità con il  personaggio che risponde al nome di Thierry Guetta, aka Mr. Brainwash, videomaker francese con una entusiastica ossessione per la street art. Nel documentario di Banksy viene mostrata l'evoluzione di Guetta da semplice aficionado del mondo dei graffiti a vero e proprio artista, attraverso il goffo allestimento di una visitatissima mostra in quel di Los Angeles. 'Life is Beautiful' è il titolo di quella mostra, diventato oramai un trademark del franco-californiano, che ha iniziato ad esporre anche fuori da L.A., approdando a Londra il 5 Agosto. 
Lo spazio che ospita la mostra è un vecchio ufficio di smistamento postale, lasciato 'apparentemente' in disgrazia, ma che in realtà ospita sfilate, party, mostre ed eventi di ogni genere. Insomma, se il primo impatto è quello di un vero guerrilla art show, la realtà  è ben diversa. Così come ci sono forti dubbi sulla vera esistenza di un Mr Brainwash (le teorie sono varie: che sia un alter ego con minor spessore artistico di Banksy, una sua pura invenzione, o uno scherzo ai danni del mondo dell'arte e dei media da parte del graffiato inglese insieme a mr. Shepard Fairey?) alla stessa maniera rimangono dei dubbi sull'autenticità della personale londinese. Il retrogusto da 'riot for tourists' c'è, ma potrebbe anche essere voluto. Ciononostante, la gigantesca esplosione di colori, riferimenti pop e provocazioni bonarie in cui i visitatori vengono proiettati vale veramente la pena di essere vissuta. Un ambiente iper-saturo di graffiti, sculture, installazioni, quadri, stampe, stencil, rubando qua e la, da Warhol a Hirst allo stesso Banksy, riprendendo icone pop e rock, dal cinema alla musica alla politica alla moda, nessuno è escluso. 

C'è spazio per tutti. May the art be with you, è così che un Darth Vader e uno Yoda neri neri accolgono gli avventori. Nessuna logica espositiva (exit through the gift shop era stato ben esplicito su questo merito), solo un bombardamento visivo ininterrotto nei giganteschi spazi di New Oxford Street. Tutto sembra essere una presa in giro, ad iniziare dalla sicurezza in tuxedo che perquisisce borse e guardinga osserva ogni angolo della mostra, senza però mai intervenire mentre chiunque è libero di fotografare, sedersi sulle opere esposte, toccare tutto. Quantomeno è liberatorio vivere una mostra di tali dimensioni in maniera così rilassata. 
 

Impossibile non notare l''evento'' dati i giganteschi graffiti che ricoprono interamente il palazzo che lo ospita, 
e la presenza di due chicche per le strade circostanti: questo stencil che fu erroneamente attribuito a Banksy quando fece la sua prima  apparizione in California, di proprietà invece di MBW 

e, poco dopo, un solitario Invader (guarda caso, cugino di Guetta).
Coerentemente con l'etica portata avanti da Banksy e co., il 'gift shop' della mostra offre stampe e cartoline e poster gratuiti. Insomma a metà tra great rock'n'roll (street art) swindle e autentica testimonianza di pop-art anni 2000, è una delle mostre più divertenti che abbia visitato in un sacco di tempo. Chiude domani a Londra, next stop Spagna (non so dove, questa è l'unica cosa che mi ha detto il simpatico ragazzetto che piantona l'uscita dello stabile). 

martedì 24 luglio 2012

Bon Iver @ Ferrara Sotto Le Stelle - 19/07/2012

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Someday my pain will mark you...
Un podcast su itunes, chitarra acustica e voce sofferta. Colpo di fulmine istantaneo. Era il 2008, la follia hipsterica che tutt'ora circonda questo cicciosissimo biondo del Wisconsin stava giusto iniziando…. For Emma ha accompagnato molti momenti melanconici di questi quattro anni, e le atmosfere sognanti del self-titled si adattano facilmente agli stati d'animo più disparati. Un'amarezza di fondo nell'averlo perso live in quelle rarissime e breve incursioni in Europa che aveva fatto (nello specifico Amburgo e Berlino, sold out prima di riuscire a prendere una decisione chiara). Poi, finalmente, l'annuncio della data italiana (a Ferrara, nondimeno, teatro di ricordi e concerti bellissimi). Questi mesi di attesa sono stati rasserenati da concerti più o meno intensi, ma c'è un qualcosa di profondamente intimo nella musica di mr. Justin Vernon che rendeva questo evento un qualcosa di diverso dal resto (escludendo casi limite come Morrissey, ovviamente). Le premesse, quindi, erano molto semplici: adoro i dischi, conosco ogni canzone come fosse un'amica, sarà un'esperienza intima (quanto possibile) e bellissima.
Quello che ignoravamo era la ricchezza musicale e visuale che ci stava aspettando. I dischi saranno anche minimali, ma dal vivo il signor Bonny Bear non lascia nulla al caso. Una serie di musicisti/polistrumentisti impressionanti (a cominciare da Colin Stetson), canzoni ri-arrangiate per avere una presa maggiore live, visual e set impeccabili (gli stracci che pendono dal 'soffitto' fanno molto capanna nel Wisconsin, ma non appena si accendono le luci tutto assume il suo senso e la sua ragione di essere su quel palco). Quello che rimane, a distanza di qualche giorno, nonostante il caldo terribile, l'afa, le zanzare mutanti, è un generale senso di pace. Un pianto di qua, un singalong accorato di la (Skinny Love - ovviamente - su tutte, con estremo compiacimento di J.V.), un generale senso di 'wow' davanti a momenti come questo, Perth, la mia preferita del secondo disco e pezzo d'apertura del concerto:
Insomma, aspettavamo qualcosa di bello, abbiamo trovato il sublime. Anche pezzi che su disco non mi hanno mai fatto impazzire dal vivo assumono un'altro significato (come Hinnmon, TX e Beth/Rest che per quanto mi riguarda avrebbe anche potuto eliminare dalla scaletta per far posto a Flume e Lump Sum, unica vera pecca della serata - insieme alla mancata location a Piazza Castello).
E' stato bizzarro trovare molti ragazzini (piccoli, davvero piccoli) in totale silenzio/adorazione, un pubblico calmo, finalmente educato (alla musica), un Justin molto diverso dall'orso cupo che potrebbe sembrare… incredibilmente entusiasta del responso degli astanti, pieno di sorrisoni, battute, goffo nel porsi ma mai fuori posto, 'grato' dell'apprezzamento ricevuto. Abbiamo poi scoperto la sua vera voce, quella profonda, bassa, intensa, libera dagli effetti (veramente eccessivi in Bon Iver, e totalmente non necessari dato il suo vero timbro). Abbiamo pianto su Creature Fear (per poi rimanere spiazzati dalla lunga parte strumentale piena di assoli e caciara) e abbiamo mantenuto un silenzio religioso durante canzoni come Wash, trasformando anche un posto come il Motovelodromo in un'ambiente intimo e raccolto.
E' stato bellissimo e intenso, e il responso generale e immediato è stato questo: ci rivediamo a Milano ad Ottobre, Justin. L'Alcatraz è un locus ameno, ma ci adatteremo senza problemi.