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mercoledì 20 novembre 2013

Festival Internazionale del Film di Roma, Day 2 - Dallas Buyers Club

La seconda giornata del festival per me inizia molto tardi. Perdo tutte le proiezioni della giornata, saltando anche il film di Alex de La Iglesia, a detta di tutti molto divertente. Dopo aver scoperto, con un certo disappunto, che Matthew McConaughey non presenzierà alla prima di Dallas Buyers Club (e quindi anche alla conferenza stampa), me la prendo comoda ed arrivo nel pomeriggio. Grazie al grande annuncio dell'organizzazione del festival della presenza di Jared Leto e dei 30 seconds to mars (che però, in realtà, non saranno presenti), l'auditorium ricorda una pittoresca puntata di South Park sugli Emo. Nel tragitto dal parcheggio  all'entrata incontro le prime capigliature improbabili accompagnate da lunghi mantelli di velluto. A ridosso delle transenne del red carpet una importante folla di adolescenti urlanti (urleranno tutto il giorno, per motivi ancora non chiari) attende con impazienza la venuta del loro dio. E' strana la traiettoria di Jared Leto, attore neanche pessimo, (vero Dorian Grey dei nostri giorni che nonostante abbia superato i 40 anni ha ancora le sembianze di un ventenne belloccio) che a un certo punto ha deciso di reinventarsi rockstar. Producendo una musica di infima qualità e conciandosi come un idiota, è riuscito a crearsi un seguito inquietante di teenagers adoranti, una sorta di justin bieber alternative-pop. Perdo la sua conferenza stampa, dove a quanto pare è stato molto simpatico e disponibile. Nell'attesa della prima del film mi sistemo in sala stampa- essendo sabato c'è un gran caos ovunque e questa diventerà una piccola isola felice, a riparo da ragazzini urlanti e dal gran sfilare di personaggi da cafonalino. Dalla mia postazione, a un certo punto mi sembra di vedere dei fiocchi di neve nella cavea. Penso di iniziare ad avere delle traveggole da stanchezza, e mi rimetto a lavorare. Tempo un quarto d'ora, e fuori sta VERAMENTE nevicando. Sempre più confusa, vado a dare un'occhiata. Questa è la scena che trovo avanti ai miei occhi:
Mi ricordo della presentazione del film in live-action di Belle e Sebastien, e tutto inizia ad avere un senso. Un cartone animato che mi metteva angoscia anche a 5 anni non stuzzica affatto il mio interesse, ma questa atmosfera da circo mi diverte. Gli emo urlano (come al solito), i curiosi del sabato fanno foto, e io rido. L'anteprima di Dallas si avvicina, e vado a prendere una cosa da bere nei dintorni. Un boato che ricorda il decollo di uno shuttle ci avverte che Jared Leto è arrivato, è quindi tempo di prendere posto in sala. Sarà la mia prima serata di gala di questa edizione, e vedo con piacere che la solita atmosfera da Cafonal è molto ridimensionata. Certo, la grande difficoltà ad uscire a fine proiezione causa curiosi che (PER TUTTO IL TRAGITTO FINO AL PARCHEGGIO) placcheranno Raz Degan e  Paola Barale (…) per delle foto e degli autografi (sì, autografi) sarà imbarazzante, ma per il resto nulla da segnalare.
Ero molto scettica riguardo a questo film. Le grandi trasformazioni fisiche di attori mediamente dotati puzzano sempre di voglia di oscar e niente più. Tutti avevamo visto le foto disturbanti dell'incredibile perdita di peso di McConaughey, ma il rischio di patetismo della storia era alto, e quindi affronto il film con un certo disinteresse e molti preconcetti. Tempo 20 minuti di film e dobbiamo tutti ricrederci: la performance di M.M. è impressionante sotto tutti i punti di vista, e il film funziona alla grande. Lunghi applausi a fine film, seguito da una premiazione da parte di Vanity Fair per l'eccellenza filmica, ritirato da un divertito Jared Leto (con annesse urla ultrasoniche dei fan presenti in sala).


Dallas Buyers Club - Jean-Marc Vallée ( C ) 117'

Certo, la curiosità per il film c'era. Un Matthew McConaughey smunto, dimagrito (quasi irriconoscibile in molte scene del film) e una storia vera che tocca un'argomento che post anni 90 i media sembrano aver dimenticato del tutto. In ogni caso non mi bastava, non riuscivo a trovare un enorme interesse, il regista non aveva ancora mai dato grandi prove di abilità e come dicevo sopra, il rischio patetismo era altissimo. Dover rivedere le proprie posizioni, però, è una delle cose più belle che possono succedere durante la visione di un film.
I primi trenta minuti di questo biopic sono una delle cose più belle che vedrò al festival. Ron beve come un disperato, si droga, partecipa a menage a trois,  scommette, scappa divertito da creditori, è ignorante, rozzo, sessista ed omofobo. Questo cowboy scazzato e i suoi amici redneck sono lì e fanno quello che vogliono, nulla sembra disturbare le loro esistenze. Un'apertura senza mezzi termini, con un'ottima fotografia (in seguito premiata al festival) ed un montaggio serrato, che in poche scene ci dice già tutto quello che c'è da sapere su questo anti-eroe del profondo sud degli Stati Uniti.  Sarà un incidente sul lavoro a portare Ron in ospedale, e da qui in poi la sua esistenza  non sarà più la stessa. Siamo agli albori dell'epidemia di AIDS che ha imperato negli anni 80, e tanto la gente comune quanto i medici navigano in un misto di pregiudizi ed ignoranza. Mr. Macho Man non prenderà affatto bene la sentenza di morte che gli viene annunciata senza mezzi termini. Ha così inizio una lunga lotta per la sopravvivenza, che il regista (aiutato da una sceneggiatura forte) riesce a non far MAI scivolare nel patetico o nel moralista. La ruvidezza del film è il suo punto forte: così come il suo protagonista, Dallas Buyers Club non scende mai a compromessi, smussa i suoi lati più spigolosi ma rimane saldamente fedele a se stesso. L'amicizia con il travestito Rayon (un Jared Leto sorprendente, che dribbla costantentemente il rischio di diventare maschiettistico) è commuovente, sì, ma nei limiti e nei termini del personaggio.
Ci sono momenti estremamente intensi in cui tristezza e rabbia prendono il sopravvento, ma sono sempre stemperati dalla complessità di questo controverso personaggio, sempre in bilico tra il giusto e lo sbagliato. Vallè non calca mai la mano (anche quando forse dovrebbe), evita giudizi o punti di vista forzati. In alcuni momenti del film mi sono chiesta che capolavoro sarebbe potuto diventare se dietro la macchina da presa ci fosse stat qualcuno di più audace, ma va bene lo stesso. La regia troppo di maniera viene controbilanciata da sceneggiatura e interpretazioni fantastiche, rendendo il film uno dei preferiti in assoluto di stampa e pubblico. Vincerà molti premi al festival e direi che la vittoria dell'Oscar per McConaughey è abbastanza scontanta, a meno che l'Academy non decida di premiare Chiwetel Ejiofor per 12 years a slave. Staremo a vedere.

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