venerdì 23 settembre 2011

A few months ago: Odd Future @ Primavera Sound 2011

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Ci sono molte cose di cui si potrebbe parlare, ma preferisco guardare indietro.
Mai sottovalutare il potere di Pitchfork. Quando fu rilasciato il programma del Primavera con orari e scalette, notando che gli Odd Future erano nello stesso time-slot degli Animal Collective, pesai 'da paura! Non ci sarà nessuno! Good for me!'. Eh, no. Nel mio programmino personale, subito prima del loro concerto c'erano i Mogwai. La schizofrenia musicale da festival. 'Vedo i Mogwai e poi vado dillà' 'cazzo ma gli scozzesi suonano al Llevant'. Distanze incredibili, kilometri da scarpinare con la stanchezza di 3 giorni di festival sulle spalle ma ok, si può fare. 
Little I knew che tutti i più variopinti hipster d'europa si erano dati appuntamento sotto il palco, con mise che neanche a un pride del 2002 e delle movenze da pretty fly for a white guy che stavano per farmi piangere. Fa ridere vedere uno dei concerti più meravigliosamente RAP di sempre in mezzo a 3mila drunk white kids che ondeggiano urlando WOLF GANG WOLF GANG. Ma tant'è. Le foto fanno un po' schifo, la mia scelta di campo per il primavera '11 è stata quella di lasciare la reflex a casa. Così. Era impossibile tenere le braccia ferme mentre appena 20enni sotto mdma ti crollavano addosso, ma è stato bellissimo lo stesso. Sono pazzi. Mai un attimo fermi. Costantemente tra il pubblico, con dei salti a bomba che neanche in piscina. Ironici commenti sul fatto dell'aver suonato al Pitchfork stage. E poi l'infinita invasione di palco che ha fatto scappare la sicurezza e che dopo mezz'ora (quando ho deciso che forse era il caso di andare a sentire 3/4 pezzi degli Animal Collective) ancora non accennava a terminare. Epic. 
Sono ragazzini, hanno un'energia che giusto degli adolescenti possono avere, non gliene frega un cazzo, fanno la loro musica ed è bellissimo. Tyler è - aldila' dei due dischi che ha fatto, impeccabili (forse Goblin indugia troppo in certi pezzi piacione.rep che non amo molto) - un personaggio interessante, basta leggere una qualsiasi sua intervista per rendersene conto. Sarebbe bello vedere questo collettivo di scemi (nella migliore accezione possibile) in Italia, ma la vedo una cosa poco probabile, almeno nel futuro più prossimo. Intanto sono felicissima di averli visti, e in un impeto di amarcord, ecco qualche foto (sudata, faticata... pericolasamente scattata qua e la nella folla, tra una gomitata e una vans di tyler che mi è arrivata in testa a un certo punto).
 
ciao.

giovedì 15 settembre 2011

Riccardo Tisci + Matthew Stone x Dazed & Confused's 20th year anniversary: EX STASIS

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Fotografate da Matthew Stone sotto la direzione artistica di Riccardo Tisci e con l'aiuto di Katy England per lo styling, le muse dello stilista pugliese indossano capi iconici delle collezioni ready to wear e haute couture che ha creato negli ultimi 6 anni. Lea T, Mariacarla Boscono, Kasia Struss, Saskia de Brauw, Willy Cartier. 

martedì 13 settembre 2011

Les Arts Decoratifs - Hussein Chalayan - Fashion Narratives

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Se la mostra di McQueen al MET rientrava nell'ambito del barocco e magniloquente, non è affatto detto che quello sia l'unico modo di esporre la moda. Al mio ritorno in Europa sono riuscita a vedere due delle maggiori mostre dell'anno in ambito di couture (facendo finta che la mostra di Yamamoto a Londra non sia mai avvenuta ... ): Hussein Chalayan a Les Arts Decoratifs e Madame Grès (ancora visitabile grazie ad una fortuita estensione) al Museé Bourdelle di Parigi. 
Di Alix Grès parlerò più avanti (finalmente una mostra con un'allestimento incredibile in cui si potevano fare le foto! Con una vera macchina fotografica! senza guardie pronte a tagliarti le mani!). 
Hussein Chalayan, designer. Ma non solo. In diciassette anni di carriera si è mosso al confine tra architettura design e moda. Rigore intellettuale e perfezione tecnica. Ha esplorato ambiti diversi integrando sculture, video, musica, effetti speciali, arredamento nelle sue collezioni. Colto e politicamente 'conscio', attaccato alle sue origini multiculturali, amante della filosofia (Wittgenstein ritorna ancora una volta), della scienza e dell'antropologia, le sue creazioni sono sempre frutto di un lungo studio intessuto di riferimenti socio-storico-culturali. Poco noto alle masse, è uno dei designer più innovativi dello scorso ventennio, sin da quel 1993 in cui presentò i suoi 'Buried Dresses' alla Central St. Martin's, una serie di indumenti che dopo essere stati seppelliti per qualche mese in un giardino, cambiano aspetto a causa dell'ossidazione.
E' con uno di questi abiti che si apre la mostra, curata dallo stesso stilista, che non segue un ordine cronologico ma 'tematico'. Il suo approccio politico, culturale, geografico e religioso alla moda da un lato, le sue interpretazoni del tempo e dello spazio, del movimento e della scomposizione delle figure canoniche dall'altro. Oltre agli abiti, tra le altre cose esposte mi sembra necessario almeno ricordare le scenografie/abiti di Afterwords, una serie di video dello stilista, a cominciare dall'installazione video presentata alla Biennale Di Venezia (2005) 'Absent Presence' con protagonista Tilda Swinton, e la scultura / installazione che faceva parte del progetto I Am Sad Leyla / Üzgünüm Leyla. In caso vi trovaste a passare per Parigi, la mostra è visitabile fino al 13 novembre.
Panoramic, Fall Winter 1998


Airborne fall witer 2007

 Before Minus Now, spring summer 2000.

 Dolce Far Niente - Spring Summer 2010
 
Kinship Journeys Fall Winter 2003

Kaikoku - fall winter 2011 - già ne avevo parlato in questo post, adoro questa collezione e purtroppo le hanno riservato il posto più ameno di tutta la mostra

Sakoku - Spring Summer 2011

Medea - Spring Summer 2002